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GNU/Linux: la rivoluzione culturale

04/06/2009
- A cura di
Linux & Open Source - La cultura del software libero è in rapida ma ancora silenziosa espansione. Ecco la storia di questo fenomeno che in un modo o nell'altro ci coinvolge tutti, ed i vantaggi che offrirebbe nell'ambito della didattica e della pubblica amministrazione.

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Perché adottare il software libero nella scuola e nella PA

Prima di discutere intorno a questo punto, credo sia necessario fare una precisazione. "Scuola" è diverso da "didattica".

Infatti, essere interessati ad Introdurre il software libero nella "didattica" risulta differente dal voler introdurre il software libero nella "scuola" in generale (quindi in amministrazione, segreteria...).

Analizzeremo perciò la questione sotto due aspetti differenti, a causa delle implicazioni notevolmente differenti. Sarebbe inoltre utile chiarire qual è la situazione attuale nella scuola italiana.

Ha fatto notare "Punto Informatico" in vari articoli apparsi sulle sue pagine che "in questi anni gli insegnanti si sono visti "scippare l'esercizio della libertà di insegnamento ad opera del software proprietario monopolistico".

Infatti lo scopo di creare una cultura scientifica e tecnologica nei ragazzi era ben lontano dalle intenzioni delle "major": le casse dell'azienda di Redmond sono state notevolmente rimpinguate dai generosi ed ingenui acquisti del settore scuola.

È stata creata una "sottocultura tecnologica perpetrata dall'uso di questo software", scrive Antonio Bernardi; negli anni si è insomma creata una "visone magica della tecnologia".

Gli studenti sarebbero sempre più assimilabili a "passivi consumatori di tecnologia", piuttosto che ad esseri umani critici e creativi. "Potremmo dire", scrive ancora Bernardi, "che crea maggior consapevolezza di libertà OpenOffice (la suite da ufficio sorella di Microsoft Office, ma in versione open source) su Windows, nel ruolo di alternativa al monopolio, che con un router Linux in una rete dove tutti usano Windows e Microsoft Office. Al limite si perpetuerebbe la sottocultura informatica: Linux come stampella di Windows".

Ciò significa se se non si desidera abbandonare completamente il software proprietario, si potrebbero quanto meno inserire elementi di "concorrenza", che servano da monito per gli studenti, per far capire che un'alternativa esiste.

Il fatto è che il software proprietario è venduto come se fosse il migliore in assoluto.

Il che non è sempre vero: esiste un gran numero di software liberi che svolgono i loro compiti come, se non meglio, dei software proprietari.

Osserva Bernardi: "si riesce ad insegnare ad andare in bicicletta anche su una vecchia bici".

Il software libero ha perciò tutti gli strumenti per essere introdotto nella didattica. Bisogna innanzitutto partire dal lato "client", cioè da quello dell'utente: il primo passo è installare su tutti i computer OpenOffice, in modo da restituire agli utenti due importati libertà, cioè quella dell'uso del software, e quella della copia dello stesso. Il passaggio ad OpenOffice fornisce a docenti e studenti l'importante messaggio che esiste una alternativa al monopolio di Microsoft Office.

Ma se il software libero, oltre a non essere soggetto a costi, ha anche innumerevoli vantaggi pratici, perché non viene adottato in ambito scolastico o di pubblica amministrazione in generale?

Alcune indagini promosse dalla Comunità Europea rivelano che l'utilizzo di software open source nella pubblica amministrazione è concentrato nella fascia "server": ciò significa che a livello di server sono molto diffuse le combinazioni Linux + Apache Web Server.

A livello europeo, hanno sorpreso le cifre riguardanti l'uso di suite da ufficio open source: anche se con dimensioni più contenute rispetto ad Apache, questi software risultano in espansione.

Ben differente è, come vedremo la realtà italiana. Alcuni ricercatori dell'Osservatorio "Software open source nella Pubblica Amministrazione" dell'Università di Bologna hanno effettuato una rilevazione automatica circa il tipo di web server utilizzato dalle pubbliche amministrazioni locali italiane. Risulta che Appena il 40% dei server utilizza Apache (contro il 60% europeo).

Secondo l'Osservatorio dell'Università di Bologna, poiché Apache rappresenta una delle applicazioni di più ovvio e diffuso utilizzo, una organizzazione che non possiede neppure un server open source, "mostra in media di possedere una scarsa propensione all'uso del software open source all'interno di tali amministrazioni. Perciò i dati della rilevazione, pur non riferendosi esplicitamente all'uso di software libero in generale, valutano la propensione dell'amministrazione pubblica all'utilizzo del software libero.

L'adozione del software libero nella pubblica amministrazione comporta, come abbiamo ripetuto più volte, un risparmio iniziale in termini di licenze; il risparmio deriva anche dagli eventuali servizi di assistenza, installazione, gestione, manutenzione, aggiornamento. Disporre dei codici sorgente dei propri programmi è inoltre un notevole vantaggio per la sicurezza.

La ricerca di vulnerabilità ad attacchi di hacking o di backdoor nei sistemi proprietari è affidata esclusivamente ai produttori; con il software libero sono più semplici e sicuri i controlli. Indiscutibilmente il software libero è meno vulnerabile ad attacchi dall'esterno da parte di malintenzionati.

L'esempio fornito da Cuba nelle scorse settimane è emblematico: la pubblica amministrazione dell'isola ha deciso di adottare il software libero.

Ma è importante sottolineare che anche l'amministrazione Obama si sta muovendo verso l'adozione del software libero, sollecitato da aziende produttrici di software open source come Sun Microsystems. Il software libero renderebbe la PA indipendente da un produttore di software; inoltre i documenti digitali diverrebbero interoperabili, poiché sarebbero basati su formati aperti e standard (in questo modo anche sistemi diversi sarebbero in grado di condividere gli stessi dati).

I "formati testo aperti standard" hanno il beneficio della persistenza, Un problema al contrario presente nel software proprietario. Mentre, infatti, tra una versione e l'altra del software, la casa produttrice potrebbe (ma succede molto spesso) cambiare lo standard del formato (che di conseguenza diverrebbe inutilizzabile su sistemi dotati di software più vecchio), i documenti creati con software libero sono persistenti perché non sono soggetti ad "invecchiamento" (tra l'altro è importante sottolineare che il software libero è molto spesso in grado di gestire i formati "proprietari" - cioè "chiusi").

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