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La censura di Internet in Italia: il punto della situazione (aggiornato)

04/07/2011
- A cura di
Tecnologia & Attualità - L'Autorità per le Garanzie delle Comunicazioni si accinge ad investirsi del potere di oscurare autonomamente i siti web sospettati di violare i diritti d'autore. Le proteste esplodono, i maggiori esponenti d'informazione pubblicano le proprie opinioni ed invitano alla riflessione, ma il timore di una rete censurata è enorme.

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A Dicembre 2010 l'Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AGCOM) ha approvato la delibera 668/2010/CONS, intitolata Lineamenti di provvedimento concernente l'esercizio delle competenze dell'autorità nell'attività di tutela del diritto d'autore sulle reti di comunicazione elettronica, subito ribattezzata dai detrattori come la censura dell'Internet italiano o la legge-bavaglio.

Da quel momento, sono stati decretati 60 giorni di consultazione pubblica, fissando la riunione per la conversione finale in legge per il giorno 6 Luglio 2011.

A seguito delle accese proteste, il garante per le comunicazioni ha dichiarato che "L'articolato dello schema di regolamento sarà sottoposto a una pubblica consultazione nella quale tutte le parti interessate potranno pronunciarsi con le loro proposte e i loro suggerimenti".

Il fine è quello di migliorare la tutela del copyright su Internet con l'istituzione di un procedimento snello e puramente amministrativo (cioè senza l'intervento della magistratura) attraverso cui i pirati possano essere tempestivamente scoperti e sanzionati.

Grazie a un sistema di segnalazioni, l'Autorità si pone così nelle condizioni di identificare e provvedere alla rimozione di contenuti o rimandi ad essi che infrangano taluni diritti d'autore, sia che questi risiedano su portali italiani, sia che si trovino su siti esteri.

Corrado Calabrò, attuale presidente di AGCOM, ritiene la proposta "una sintesi efficace tra le contrapposte esigenze di tutelare la libertà della rete e la titolarità dei contenuti, garantendo altresì il diritto dei cittadini alla privacy e l'accesso alla cultura e ad Internet", sostenendo inoltre che "non si prevede alcuna forma di controllo sugli utenti o di censura del web, come qualcuno temeva, ma, l'Italia si colloca tra gli esempi più moderni e avanzati, facendo proprio l'approccio che considera il mercato unico digitale come la quinta libertà il cui sviluppo va considerato prioritario".

A livello pratico, il provvedimento prevede i seguenti punti:

  1. Il detentore del copyright che nota l'infrazione di uno dei propri diritti contatta il violatore, chiedendo la rimozione dei contenuti incriminati entro le 48 ore successive. Sono considerate violazioni del diritto d'autore la presenza sia fisica di file illegali sul server, sia di semplice link ad essi su portali esterni. Ad ogni modo, questo primo passo è a discrezione del detentore di copyright, che può anche liberamente decidere di saltare direttamente allo step successivo.
  2. Trascorse le eventuali 48 ore menzionate senza risultati, la parte lesa può appellarsi all'Autorità (AGCOM), richiedendo a questa la rimozione dei contenuti protetti.
  3. L'Autorità si rivolge così al violatore, esigendo nuovamente la cancellazione dei contenuti entro i 5 giorni successivi. In caso di inottemperanza, saranno applicate sanzioni pecuniarie e comprendenti, tra le altre, anche la cessazione di servizio/oscuramento del sito da parte dei provider attraverso filtri IP o DNS.
  4. Un ulteriore punto si applica ai domini esteri, sui quali non sia possibile agire fisicamente. Qualora il materiale incriminato si trovasse fuori dal territorio nazionale, infatti, la scelta della censura spetterebbe ai provider italiani. Questi, qualora il reato venisse poi accertato, potrebbero però facilmente divenire complici della violazione.

Secondo la delibera, quindi, verrebbero coinvolti non solo i siti effettivamente contenenti materiale protetto da copyright (disponibile, cioè, in download o streaming), ma anche quelli caratterizzati da soli collegamenti a tali risorse illegali (motori di ricerca di file torrent, blog con link a file multimediali in streaming, ecc).

Maggiori approfondimenti legali del testo sono disponibili come Domande frequenti redatte dall'avvocato Fulvio Sarzana.

I punti oscuri (forse anche all'Autorità stessa)

A pochi giorni dall'approvazione finale, permangono comunque diverse perplessità sulla nuova delibera. Alcuni punti non sono infatti completamente chiari, e la valutazione di alcuni altri potrebbe essere valutata come troppo frettolosa.

  • Le misure di oscuramento annunciate sono, come già dimostrato con il caso The Pirate Bay oppure il più recente BTJunkie, estremamente fallaci: il blocco di un indirizzo IP o di un nome di dominio (o di entrambi) dalle liste pubbliche, rende solo più difficile l'accesso alle risorse, ma non per questo impossibile.
  • Una piattaforma basata su segnalazioni non è destinata a durare nel tempo a causa degli enormi oneri di controllo e verifica che questa comporta.
  • La totale assenza della magistratura in tutto il procedimento: la decisione di sequestrare/oscurare un sito sarebbe infatti a totale discrezione di AGCOM.
  • Il violatore, inoltre, non avrebbe alcuna possibilità di appello, o almeno ciò non è previsto. Una volta che l'Autorità avesse preso una decisione, il proprietario del sito web incriminato deve necessariamente procedere alla rimozione del materiale segnalato.
  • Non è chiaro quali sarebbero i criteri usati per definire la colpevolezza di un sito web, data anche la sopracitata assenza di processi giudiziari. La delibera non prevede infatti la certezza di condivisione di materiale come discriminante, ma il sospetto.

Il confronto con gli altri Paesi europei

Alcuni tra i Paesi più evoluti d'Europa hanno promosso leggi per regolamentare la condivisione digitale di materiale protetto da diritto d'autore.

La prima nazione a introdurre un provvedimento in materia è stata la Francia, nel Settembre 2009, attraverso un sistema del "tre strike e sei fuori", successivamente ribattezzato come HADOPI. In breve, la legge prevede che gli utenti colti a scaricare materiale illegale da circuiti di P2P siano scollegati dalla rete dopo 3 violazioni. La disconnessione avviene però a seguito di un'udienza in tribunale.

La Gran Bretagna ha seguito a ruota con il Digital Economy Bill nel Marzo 2010, proponendo un sistema del tutto simile a quello d'oltre manica. La carta prevede che agli ISP (fornitori di connessione Internet) possa venir richiesto di bloccare un dominio che consente "sostanziale infrazione dei diritti d'autore". Non è particolarmente chiaro come la violazione sostanziale venga determinata, però.

La Spagna costituisce invece il tentativo di regolamentazione più recente, in vigore dal Febbraio 2011. L'iter di formulazione, discussione e approvazione della Ley Sinde era cominciato già nel 2009, ma fu notevolmente ritardato a causa delle innumerevoli proteste scoppiate nella penisola. Ad oggi, il sistema in uso è simile a quanto presentato in Italia, ma la magistratura è direttamente coinvolta nella procedura di controllo. Le segnalazioni di presunta violazione, infatti, vengono gestite da un magistrato che deve verificare l'infrazione entro i 4 giorni successivi e renderne conto in aula, dove l'industria del copyright gode di propri rappresentanti.

Nel lontano 2009, infine, anche l'Irlanda propose propose qualcosa di analogo. Eircom, il maggiore provider nazionale, prese accordi con le major dell'intrattenimento per scollegare gli utenti che scaricassero materiale protetto da copyright. Tuttavia, nessuna regolamentazione statale è ancora stata introdotta.

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