Punto informatico Network
20080829221155

Il DRM è (finalmente) morto. Questa volta davvero

23/07/2009
- A cura di
Audio Video Multimedia - Anche RIAA, l'ultima e la più agguerrita sostenitrice della tecnologia DRM, è costretta ad alzare bandiera bianca e dichiarare che il suo amato pupillo è finalmente morto e sepolto. Si chiude dunque l'era delle assurde limitazioni al sacrosanto diritto dell'utente di utilizzare la musica acquistata legittimamente nella maniera che più gli aggrada.

Tag

Passa qui con il mouse e visualizza le istruzioni per utilizzare i tag!

riaa (1) , drm (1) .

Valutazione

  •  
Voto complessivo 5 calcolato su 147 voti
Il pezzo che stai leggendo è stato pubblicato oltre un anno fa. AvvisoLa trattazione seguente è piuttosto datata. Sebbene questo non implichi automaticamente che quanto descritto abbia perso di validità, non è da escludere che la situazione si sia evoluta nel frattempo. Raccomandiamo quantomeno di proseguire la lettura contestualizzando il tutto nel periodo in cui è stato proposto.

Nella sua tomba giace DRM, acronimo di Digital Rights Management, tirapiedi delle major e dell'industria discografica. Negli ultimi anni, la sua missione è stata quella di limitare i sacri diritti degli utenti nell'utilizzo della musica, regolarmente acquistata.

Nella sua storia, è stato addirittura infiltrato come rootkit all'interno dei computer degli utenti, assolutamente ignari della sua presenza. Negli ultimi tempi, però, la sua carriera ha subito un improvviso declino, perdendo a poco a poco il supporto delle varie case discografiche che in passato gli avevano giurato fedeltà: Universal ed EMI, Warner, Sony-BMG, anche Apple l'aveva escluso dalla musica venduta tramite l'iTunes Store. Dalla parte del DRM era rimasta solo RIAA, che ha sempre sperato in un ritorno in gran spolvero di questa tecnologia e non ha mai creduto veramente che fosse destinato all'estinzione.

Invece, anche RIAA è costretta a dire addio all'adorato DRM. La società, una delle più controverse d'America, è la stessa che ha trascinato in tribunale, fra gli altri, la povera Jammie Thomas, che si è vista sentenziare una condanna al limite dell'assurdo: per 24 brani condivisi online, la donna dovrà pagare l'astronomica cifra di 1,92 milioni di dollari, circa 80mila dollari al brano.

Additata dalle altre major come l'unica società che ancora si ostinava a far soldi con una tecnologia ormai estinta, anche RIAA è costretta a dare l'addio al DRM, che essa ha sempre difeso a spada tratta. Un portavoce dell'associazione d'oltreoceano, Jonathan Lamy, negli ultimi giorni ha ironicamente dichiarato: "Il DRM è morto, no?". Segno di un congedo forzato, che la società avrebbe di gran lunga preferito rimandare.

Cade, dunque, l'ultimo baluardo della tecnologia DRM che, dopo una lunga agonia, può dichiarsi definitivamente defunta. I suoi resti si trovano negli ultimi CD-audio e brani musicali: addio DRM, non ci mancherai.

Iscriviti gratuitamente alla newsletter, e ti segnaleremo settimanalmente tutti i nuovi contenuti pubblicati su MegaLab.it!

 

Segnala ad un amico

Tuo nome Tuo indirizzo e-mail (opzionale)
Invia a:
    Aggiungi indirizzo email
    Testo

    © Copyright 2024 BlazeMedia srl - P. IVA 14742231005

    • Gen. pagina: 0.27 sec.
    •  | Utenti conn.: 87
    •  | Revisione 2.0.1
    •  | Numero query: 43
    •  | Tempo totale query: 0.05