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RIAA vs. P2P, ennesima sconfitta in tribunale

08/05/2008
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Archivio - L'organizzazione dei discografici statunitensi continua a perdere le proprie battaglie contro gli utenti condivisori. Un giudice ha stabilito, ancora una volta, che la semplice disponibilità dei file nelle cartelle condivise non implica la loro distribuzione automatica con relativa infrazione del copyright.

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Il pezzo che stai leggendo è stato pubblicato oltre un anno fa. AvvisoLa trattazione seguente è piuttosto datata. Sebbene questo non implichi automaticamente che quanto descritto abbia perso di validità, non è da escludere che la situazione si sia evoluta nel frattempo. Raccomandiamo quantomeno di proseguire la lettura contestualizzando il tutto nel periodo in cui è stato proposto.

Arriva dallo stato centro-occidentale dell'Arizona il nuovo stop alla crociata legale di RIAA, la rappresentanza delle major statunitensi col portafogli in via di riduzione e l'idea fissa della persecuzione in tribunale dei potenziali consumatori che scaricano musica dal P2P. Il giudice distrettuale chiamato a risolvere il caso Atlantic v. Howell ha respinto le richieste dei discografici, alla ricerca di un giudizio sommario sull'azione degli accusati rei di aver reso disponibili i brani sul network di KaZaA.

Come già indicato in passato, contro i coniugi Howell RIAA ha cercato di far passare la teoria della "messa in condivisione" dei file incriminati come prova sufficiente a sentenziare l'infrazione di copyright. Tale principio era già stato rifiutato dal giudice del caso Atlantic vs. Brennan, e la giurisprudenza statunitense in materia si arricchisce ora dell'ennesima risoluzione a favore dei condivisori.

Gli Howell si sono inizialmente difesi da soli, ma nel caso è poi entrata anche la Electronic Frontier Foundation che, per mezzo di un amicus curiae in difesa dei coniugi e per bocca dell'esperto legale Fred Von Lohmann, si è espressa in supporto del principio secondo cui la legge USA in materia - nella fattispecie il discusso DMCA - non prevede l'equiparazione della "distribuzione" alla "pubblicazione", o per meglio dire in questo caso la messa in condivisione.

RIAA_Sux.jpg

"Finché una copia del lavoro non cambia mano in uno dei modi indicati - stabilisce la sentenza - una'distribuzionè secondo i termini di legge non c'è stata". Il giudice ha inoltre considerato "insufficienti" le prove portate da RIAA per dimostrare che gli accusati fossero i responsabili materiali della copia dei file "pirata" nella cartella condivisa del software di P2P, così come insufficienti sono state considerate le informazioni presentate per dimostrare la "responsabilità indiretta" della presunta infrazione del copyright.

Dunque RIAA continua a vedersi franare il terreno sotto ai pieni, considerando che una delle tattiche finora più utilizzate contro gli utenti-condivisori prevede una veloce conclusione della causa, attraverso il patteggiamento o appunto con un "default judgment" da parte Corte prima di giungere al dibattimento.

Il caso Atlantic v. Howell, inoltre, continua a riservare sorprese: avendo inizialmente sentenziato a favore dei discografici, il giudice ha poi revocato la sua precedente decisione sulla base di un amicus curiae presentato dagli accusati e originariamente prodotto nell'ambito del caso Elektra v. Barker. Corte ha successivamente incassato la definizione di "copie non autorizzate" di RIAA in riferimento ai brani in formato MP3 estratti dai CD legalmente acquistati dalla coppia ed è infine sopraggiunta alla decisione dei giorni scorsi di rigettare in toto le teorie dell'organizzazione.

Le fasi predibattimentali del processo si sono infine concluse, e la rappresentanza delle major dovrà ora affrontare l'ennesima, lunga battaglia in tribunale con tanto di giuria popolare, pubblico e reporter a presenziare le udienze. E come ben dimostra il caso Jammie Thomas, una eventuale vittoria potrebbe rappresentare solo l'ennesimo episodio in cui cattiva pubblicità per l'industria e advertising gratuito per il P2P si incrociano, per rendere ancora più incerto - qualora fosse mai possibile - il già cupo destino commerciale delle etichette discografiche.

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