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Dopo le denunce ora è RIAA a difendersi

02/03/2009
- A cura di
Tecnologia & Attualità - Ora sono chiamate in tribunale RIAA e numerose case discografiche, accusate di aver gestito illegalmente i propri interessi.

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Il pezzo che stai leggendo è stato pubblicato oltre un anno fa. AvvisoLa trattazione seguente è piuttosto datata. Sebbene questo non implichi automaticamente che quanto descritto abbia perso di validità, non è da escludere che la situazione si sia evoluta nel frattempo. Raccomandiamo quantomeno di proseguire la lettura contestualizzando il tutto nel periodo in cui è stato proposto.

In questi giorni si stanno sprecando le polemiche relative ai pirati: situazioni come il processo a The Pirate Bay, o le pressioni imposte sui maggiori provider di alcuni stati europei. Ora sembra che le parti si siano invertite.

Shahanda Moursy, della Carolina del Nord, ha mosso denuncia verso RIAA ed a case discografiche molto famose.

Si parla ad esempio di Mediasentry, che pare tracciare illegalmente degli indirizzi IP relativi ai computer che scaricano file illegalmente da Internet; o di come alcune Industrie operino in alcuni Stati infrangendone le regole, o senza avere riscontri legali tangibili.

Moursy ha citato molti altri casi, ma quello che può essere veramente sconcertante sono le parole della denuncia, che si presenta da subito tutt'altro che leggera: gli sforzi di queste Industrie sarebbero rivolti ad un tentativo di controllo su tutta la distribuzione e la vendita delle opere musicali su scala mondiale.

Si è voluto precisare come compagnie multimiliardarie abbiano passato anni infrangendo il sistema legislativo ai soli fini di condurre campagne pubbliche nel tentativo di minacciare e distruggere le attività di file sharing.

Come se non bastasse, secondo la denuncia, RIAA sta muovendo il proprio interesse verso vittime "più disponibili". Si pensa che stia tentando di concentrare l'attenzione dei media in modo da attirare persone che non siano in grado di utilizzare un computer, tanto meno il P2P: stiamo parlando di anziani, disabili e altri vulnerabili. (Tutto questo senza poter avere riscontri legali.)

Il reale obiettivo di questa campagna sembra essere però quello di schiacciare e reprimere tutti gli utenti che usufruiscono della rete a scopo di condivisione dati, e non semplicemente di reindirizzare l'interesse pubblico verso nuovi canali.

Tutte queste manovre, però, non sembrano veramente nuove. Per molti sono questi i metodi che le etichette discografiche usano ormai da tempo; nonostante per decine di anni siano stati parecchi gli utenti perseguitati e accusati di pirateria, pur con prove scadenti, ora la giustizia è chiamata anche dalla parte opposta.

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