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Perché esiste il "fenomeno Apple" e non il "fenomeno Microsoft"?

03/10/2008
- A cura di
Tecnologia & Attualità - Inutile negarlo: Apple di Steve Jobs fa più rumore mediatico di Microsoft di Zio Bill. Scopriamo in questo affascinante viaggio al confine tra tecnologia e psicologia perché Apple ha una maggiore attrattiva sul pubblico rispetto a Microsoft.

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iPhone e iPod sono stati gli ultimi. Gli ultimi a far mobilitare milioni di persone per soddisfare una sorta di dipendenza tecnologica.

Le migliaia di persone che hanno dormito fuori dai negozi Apple di tutto il mondo rappresentano solo la punta di un iceberg: questo fenomeno non è limitato solo alla casa di Steve Jobs, che tuttavia ne rappresenta l'apice, ed ha attirato l'attenzione di molti sociologi, spingendoli a studiare queste autentiche tribù di accaniti fedelissimi.

Tecnologia e ideologia

Come ha spiegato Robert Kozinets, sono principalmente quattro le "scuole di pensiero" che animano i tecno fedelissimi.

  • La prima, che Kozinets ha battezzato "tecno-utopia", crede che lo sviluppo tecnologico sia l'unico mezzo per raggiungere il progresso sociale, insieme a migliori condizioni di vita.
  • La seconda, che ricorda i tempi Rivoluzione industriale, vede nella tecnologia una opportunità per raggiungere un consistente progresso economico.
  • La terza ricorda il movimento luddista e sostiene che il progresso tecnologico rappresenti un pericolo per l'uomo e per l'ambiente.
  • La quarta, decisamente interessante, sostiene che la tecnologia sia semplicemente fonte di piacere e divertimento.

Kozinets sostiene che tali convinzioni sono fonti di identità per grandi gruppi di individui. Stimolano dunque un processo di identificazione prodotto-consumatore e consumatore-prodotto che implica anche un forte coinvolgimento emotivo.

Stando a quanto affermato da Kozinets, quando un consumatore acquista un prodotto, ciò che desidera non è il prodotto in sé ma la capacità che quell'oggetto ha di veicolare una posizione ideologica che lo identifica.

La nascita delle tribù

Queste categorie creando grandi "classi trasversali", cui appartengono persone di diversi ceti sociali, con livelli di educazione altrettanto diversi.

Le considerazioni di Kozinets sono alla base dell'ultima frontiera delle teorie di mercato: il marketing tribale. Bernard Cova, professore all'Università Bocconi di Milano, spiega che oggi le aziende che vogliono conquistare il mercato devono agevolare i legami sociali all'interno delle comunità di consumatori. Le aziende hanno il compito di riunire vere e proprie tribù di consumatori composte da manager ed operai, ragazzini ed adulti.

Il marketing tradizionale, che cercava di isolare e studiare le fasce di popolazione cui il prodotto si riferiva, non è più applicabile dopo la declassificazione sociale che si è avviata da vent'anni a questa parte.

Apple: una azienda tribale

Cova ha spiegato che «Un'azienda tribale è proprio Apple, che fin dall'inizio ha saputo fare leva su una comunità di Mac-entusiasti».

Maffesoli, esperto di marketing tribale, ha evidenziato che le "tribù high-tech", così sono state chiamate da Federica Sgorbissa nel numero 42 di Mente e Cervello, come quelle primitive, «si basano su una serie di rituali condivisi e dal contenuto fortemente emotivo», e non «su un potere centrale per mantenere l'obbedienza alle regole del gruppo».

«I Mac-entusiasti», scrive Federica Sgorbissa, «hanno rituali e convinzioni a volte fideistiche e una forte carica di affetto per il marchio».

Anche Mozilla punta al sostegno volontario degli utenti affezionati: per il lancio di Firefox 1 è apparsa sul New York Times una inserzione a due pagine pagata da oltre 10.000 persone, e recentemente per il lancio di Firefox 3 è stato usato l'espediente "Guinnes dei Primati".

Le tribù e il potere del passaparola

Una buona azienda tribale sa sfruttare anche il passaparola, che si sviluppa tra gli affezionati e non. Apple, ad esempio, l'ha sfruttato per il lancio dell'iPhone iniziando la campagna pubblicitaria con una controllata e discreta "fuga di notizie". Una buona campagna pubblicitaria deve stimolare la "narrazione". Come sostiene Andrea Natella, "il carattere folkloristico della leggenda è fondamentale".

All'interno della tribù Apple sono stati trascinati molti giornalisti, ha osservato Natella. Membri del genere sono importanti non solo per alimentare la fama di una marca, ma anche perché assicurano "narrazione" in mezzi di comunicazione tradizionali e nel web, in modo da alimentare le tribù esistenti o crearne di nuove.

Cova ha sottolineato che per alimentare il passaparola è importante sfruttare la potenza del gossip. Ad esempio Apple-tribù si diverte andando a caccia di gossip su Steve Jobs, co-fondatore e leader carismatico Mela.

Microsoft, invece, non ha raccolto nessuna comunità di fedelissimi. Per due motivi: in primo luogo non è stata così fortunata da vedere auto-formarsi una tribù di sostenitori (ma non ha neppure saputo crearla), e in secondi luogo perché lo "zio Bill" non attira sufficientemente gli interessati ai gossip.

Conclusioni

Apple, dunque, con una tribù di sostenitori pronti a spendere qualsiasi cifra pur di accaparrarsi un prodotto elitario, può essere paragonata ad una rock star, che i fan amano incondizionatamente "perdonandole" anche le (rare) cadute di stile.

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