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![]() Continua la debacle delle tesi accusatorie di RIAA nei confronti dei condivisori di contenuti musicali: dopo lo smacco subito nel caso Atlantic vs. Brennan si segnala una nuova, possibile sconfitta del fondamento della metodologia classica seguita nella crociata legale contro il file sharing. Anche in questo caso viene messo in discussione il principio che ha fino ad ora permesso all'organizzazione di far concludere la maggioranza delle decine di migliaia di cause intentate contro altrettanti utenti prima ancora che queste approdassero in tribunale, vale a dire l'idea che la "messa in condivisione" dei brani incriminati basti al giudice per esprimere un verdetto di "Default judgment", giudicando gli accusati colpevoli di distribuzione non autorizzata senza che vi sia la necessità di provare che una effettiva distribuzione dei file ci sia stata. Il nuovo caso è quello di Atlantic Records vs. Jeffery Howell, con i coniugi Howell impegnati a difendersi in una corte federale di Phoenix contro le accuse di infrazione di copyright da parte dell'industria. Fino a ora i due si sono difesi da soli, ma nei giorni scorsi hanno incassato il supporto di Fred von Lohmann, esperto legale di Electronic Frontier Foundation che è intervenuto per sostenere l'inconsistenza del principio della messa in condivisione come prova utile a dimostrare che ci sia stata una violazione del copyright. Gli unici download che RIAA può dimostrare sono quelli degli scagnozzi al soldo dell'organizzazione dotati di esplicita autorizzazione a farlo, e un download di fatto autorizzato non costituisce secondo il legale di EFF una prova consistente che sia avvenuta una distribuzione senza permesso. Il Copyright Act americano prevede esplicitamente che un download possa essere autorizzato da chi ne detiene i diritti, ragion per cui la presentazione di tali operazioni perfettamente legali non avrebbe senso ai fini della tesi dell'accusa. I coniugi Howell si difendono sostenendo di non essere stati al corrente della presenza dei loro "file personali" all'interno delle cartelle condivise del programma di P2P KaZaA, file che erano in realtà destinati al trasferimento "ai dispositivi mobili, cosa che è legale per il fair use". Il giudice aveva già sentenziato contro i due condannandoli a pagare circa 40.000 dollari in danni e 350 dollari in spese legali, ma ora che il caso si è riaperto - dopo l'appello presentato dagli accusati - RIAA potrebbe incassare l'ennesima sconfitta dopo aver perso la possibilità di una risoluzione veloce del già citato caso Atlantic vs. Brennan. Segnala ad un amico |
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