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Caso Peppermint, il Garante Privacy affossa i legali bolzanesi

18/03/2008
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Archivio - Dopo la storica sentenza di Roma, anche l'autorità italiana per la salvaguardia del diritto alla riservatezza si pronuncia sul discusso caso di cronaca giudiziaria con protagonista il P2P. Capitan 8 ha toppato, e già si preannunciano cause e maxi-reclami da parte degli utenti-condivisori.

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Il pezzo che stai leggendo è stato pubblicato oltre un anno fa. AvvisoLa trattazione seguente è piuttosto datata. Sebbene questo non implichi automaticamente che quanto descritto abbia perso di validità, non è da escludere che la situazione si sia evoluta nel frattempo. Raccomandiamo quantomeno di proseguire la lettura contestualizzando il tutto nel periodo in cui è stato proposto.

La caduta del Governo Prodi avrà forse bloccato i tentativi di ratificare la legittimità dello scambio di contenuti sul P2P a fini personali, ciò nondimeno nei giorni scorsi è stata emessa una importante sentenza sul celebre caso Peppermint, la battaglia legale tra l'omonima etichetta discografica tedesca e gli utenti italiani di file sharing che tanto ha fatto discutere nell'infuocata estate del 2007. Dopo la decisione del Tribunale di Roma a favore di questi ultimi, ora anche il Garante Privacy si pronuncia contro l'utilizzo illegittimo dei dati raccolti grazie alla società svizzera Logistep AG.

Parimenti al Tribunale capitolino, il Garante ha stabilito che Peppermint, la software house Techland e la suddetta Logistep hanno abusato del software sviluppato da quest'ultima - in pratica un client P2P modificato per tenere traccia di dati quali l'indirizzo IP, il nome utente, l'hash del file condiviso, il valore Guid registrato dal client nel sistema operativo e altro ancora - per istituire una vera e propria attività di monitoraggio distribuito, pratica vietata dalle direttive europee sulle comunicazioni elettroniche.

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Secondo il Garante, oltre a trattare illecitamente i dati le società coinvolte hanno tenuto un comportamento niente affatto trasparente nei confronti degli utenti agendo alle loro spalle, violando altresì quel diritto alla riservatezza nelle comunicazioni elettroniche già ribadito dal giudice Paolo Costa. Per tali motivazioni, l'Authority ha stabilito la cancellazione dei suddetti dati dagli archivi delle tre società in oggetto entro e non oltre il 31 marzo 2008.

Nei guai è finito anche l'avvocato Otto Mahlknecht, responsabile dello Studio legale Mahlknecht & Rottensteiner divenuto tristemente noto per aver spedito le famigerate missive di "conciliazione" su procura di Peppermint&co., con cui si offriva la chiusura del contenzioso dietro il pagamento di qualche centinaio di euro. Pratica che ha sempre sollevato forti dubbi di legittimità, considerando che la natura penale del reato contestato dallo studio prevedeva il procedimento d'ufficio da parte del PM e quindi l'impossibilità di bloccare alcunché con la richiesta di "pizzo" proveniente da Bolzano.

Il Garante ha fatto sapere di voler valutare con maggior attenzione il profilo di "Capitan Otto", che naturalmente non si è dimostrato particolarmente felice della decisione e ha bollato l'interpretazione dell'Authority come "non del tutto giustificabile". Capitan Otto riafferma il proprio ruolo di paladino del diritto d'autore, accusando piuttosto bislaccamente l'autorità di aver infranto l'equilibrio tra copyright e diritto alla riservatezza che lui per primo ha contribuito a rendere carta straccia.

Otto promette naturalmente tempesta, ma in questo caso non è il solo: l'avvocato-blogger Guido Scorza evoca l'istituzione di un possibile maxi-reclamo da parte di quanti siano incappati nelle nefaste missive di "pizzo", desiderosi con ogni probabilità di rivalersi dei danni - psicologici ma anche materiali - provocati da Bolzano con furore.

"Qualcuno, evidentemente, dovrà pagare lo stress, le umiliazioni e i costi sopportati da migliaia di consumatori italiani per effetto dell'illegittima operazione lanciata dall'etichetta discografica tedesca e dalla software polacca e condotta dagli investigatori elettronici Logistep" scrive Scorza sul suo weblog, ribadendo come la decisione del Garante Privacy rappresenti "una bella vittoria per il diritto alla privacy e per chi come Altroconsumo sin dall'inizio di questa vicenda si è schierato dalla parte degli utenti evidenziando, in ogni sede, come la tutela dei diritti di proprietà intellettuale non potesse giustificare il monitoraggio e la schedatura di massa degli utenti delle piattaforme P2P".

"È una vittoria Rete e non certo dei pirati come domani qualcuno si affretterà a sostenere", conclude infine il legale.

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