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Accade ora che "La voce e l'avvocato delle industrie cinematografica, televisiva e dell'Home Video" (come MPAA ama definirsi sulla sua homepage) sia accusata di essersi macchiata proprio di quelle detestabili pratiche che l'industria tanto depreca. MPAA avrebbe duplicato un documentario senza l'esplicito consenso dell'autore. Nel novembre scorso, il regista Kirby Dick ha fatto recapitare presso gli uffici dell'associazione un documentario perché venisse classificato: è pratica comune infatti che MPAA definisca eventuali necessità di censura sugli audiovisivi di produttori e autori associati. Il documentario, dal provocatorio titolo "Questo film non è ancora classificato", è un'inchiesta proprio sulle attività della suddetta associazione. In esso, vi sarebbe presentata una schietta analisi dei metodi di classificazione e censura dell'associazione, come ad esempio gli interventi sui prodotti audiovisivi contenenti scene di sesso, molto più incisivi e pesanti rispetto a quelli contenenti scene di violenza, o come la consuetudine nel trattare più severamente le rappresentazioni di sesso omosessuale rispetto a quello eterosessuale, e via di questo passo. Kirby ha scoperto che copie illecite della sua opera circolavano all'interno dell'associazione durante una conversazione con un legale di MPAA stessa. Il regista ha quindi dato incarico al suo legale di chiedere la comunicazione dei dettagli dell'accaduto, oltre naturalmente alla restituzione di tutte le copie dell'opera. Lo stesso management di MPAA ha ammesso, per voce di Kori Bernards, dell'esistenza delle copie. "Abbiamo fatto copie del film di Kirby perché aveva implicazioni per i nostri dipendenti", sostiene Mr. Kori. Nel documentario sarebbero infatti presenti immagini dei membri delle commissioni di censura, immagini girare peraltro in luoghi pubblici. La copia, insomma, (che "è chiusa a chiave" e non è stata redistribuita) sarebbe stata fatta a scopo di tutelare i dipendenti dell'associazione e le relative famiglie.
La pirateria, evidentemente, è una buona scusa per denunciare l'uomo della strada, l'utente del Peer-to-Peer e chi usa la rete per condividere in maniera nuova i propri contenuti preferiti, comodo capro espiatorio per tutti i mali di un'industria che fatica a stare al passo coi tempi e con nuove forme di entertainment che prendono il sopravvento sulla sala (vedi il mercato dei videogame e delle home console). Evidentemente, come ripetiamo da tempo, MPAA ha la coscienza sporca, e ben venga la pubblicità gratuita che il documentario citato sta avendo, se questo è utile a dimostrare al popolo della rete la reale natura delle menzogne dell'industria. Segnala ad un amico |
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