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![]() Bram Cohen, il creatore di BitTorrent, potrebbe presto trovarsi nei guai.
In relazione alla sentenza Grokster, che ha indicato come fondamentale, per stabilire la legalità di un software di scambio, lo scopo dichiarato per cui viene creato, alcuni esperti legali temono che queste parole siano sufficienti per far saltare alla gola di Cohen i legulei al guinzaglio di RIAA & Company. "L'ho scritta nel 1999 e non ho iniziato a lavorare su BitTorrent fino al 2001" Afferma a proposito il coder, aggiungendo che trova "davvero spiacevole" doversi "ancora preoccupare di questa cosa". Cohen non ha mai pubblicamente incoraggiato l'uso del suo software per commettere atti di pirateria telematica, sostenendo sempre di averlo creato per la facilitazione della distribuzione legale di file e contenuti. BitTorrent è uno dei software di maggior successo che siano mai nati dalla rete. I suoi ambiti di utilizzo crescono di continuo, e persino Microsoft ha preso spunto (e forse qualcosa di più, visto che il codice del progetto è rilasciato come open source) dalle idee alla sua origine per creare la propria tecnologia di distribuzione di contenuti. In un clima di persecuzione ideologica e idiota di tutto ciò che ha a che fare anche solo con la parola "P2P", ora capita anche che gli sviluppatori dei protocolli di maggior successo debbano nascondere affermazioni passate che, estrapolate ad arte dal loro contesto originale, potrebbero farli passare per attivisti inneggianti alla pirateria. La sentenza Grokster è certamente servita a stabilire in modo più preciso il confine tra cosa può essere considerato legale e cosa no, ma alle Major, come abbiamo visto in questi giorni, non manca la fantasia, e tanto basta per proseguire la loro Santa Crociata contro una tecnologia che andrebbe abbracciata, decriminalizzata, regolamentata, piuttosto che combattuta. Perché, e non vederlo rasenta la diabolicità di un errore continuo e reiterato, se la guerra continua, i distributori hanno solo e soltanto da perderci. Segnala ad un amico |
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