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IFPI e RIAA vicine alla smobilitazione?

16/01/2008
- A cura di
Archivio - Continuano le cattive notizie per le organizzazioni delle major. EMI avrebbe minacciato di farla finita con IFPI entro il prossimo marzo se non ci saranno cambiamenti sostanziali nella sua linea di condotta. Tra le ipotesi sul tavolo c'è anche quella di una fusione con RIAA.

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Il pezzo che stai leggendo è stato pubblicato oltre un anno fa. AvvisoLa trattazione seguente è piuttosto datata. Sebbene questo non implichi automaticamente che quanto descritto abbia perso di validità, non è da escludere che la situazione si sia evoluta nel frattempo. Raccomandiamo quantomeno di proseguire la lettura contestualizzando il tutto nel periodo in cui è stato proposto.

L'anno 2008 comincia con una serie di annunci e indiscrezioni dalla portata davvero dirompente, almeno per quel che concerne il mercato dei contenuti digitali: dopo aver sentenziato la morte definitiva delle tecnologie DRM anti-copia e anti-utente, le major danno ulteriori segni di avere un minimo di "sale in zucca" bacchettando RIAA e IFPI, le famigerata organizzazioni di rappresentanza delle etichette discografiche divenute note negli ultimi anni come i mastini che trascinano in tribunale le nonnine morte e le madri disabili con relative figlie minorenni a seguito.

È ancora EMI - l'etichetta che la neo-proprietaria Terra Firma vuol rilanciare a tutti i costi - a fare da apripista al nuovo corso delle major nei confronti della loro rappresentanza: dopo aver espresso i propri dubbi circa il lauto investimento annuale in RIAA - 132 milioni di dollari - l'etichetta sarebbe ora intenzionata a tagliare i ponti anche con IFPI, che rappresenta le Grandi Sorelle del disco fuori dai confini degli Stati Uniti.

Secondo la pubblicazione Variety si tratterebbe di molto più che mere voci: EMI avrebbe inviato una lettere alla dirigenza di IFPI, chiedendo un sostanziale cambio di rotta nell'azione di rappresentanza dei suoi interessi entro e non oltre il 31 marzo prossimo. Secondo fonti vicine al negoziato, analoghe iniziative sarebbero state intraprese dalle altre tre major (Warner, Sony-BMG e Universal) nel tentativo di riformare in maniera radicale l'organizzazione.

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IFPI rappresenta circa 1.400 etichette discografiche in 75 diversi paesi, ma la maggioranza dei fondi che le permettono di funzionare arrivano naturalmente dalle Grandi Sorelle della musica. La perdita di uno di questi pilastri economici - EMI, appunto - potrebbe assestare un colpo irreparabile all'attività di lobby e contrasto alla pirateria di contenuti - su supporti contraffati o sui network di P2P - a cui è attualmente votata l'associazione.

Tra le ipotesi in gioco, dice ancora Variety, ci sarebbe dunque la possibilità di fondere RIAA e IFPI in un'unica organizzazione. L'operazione permetterebbe a IFPI di continuare le proprie attività ma metterebbe realisticamente fine alla storia di RIAA, il nome divenuto simbolo dell'incapacità delle major di stare al passo con la rivoluzione digitale della condivisione dei contenuti in rete.

Se pure dunque IFPI continuasse a vivere, la decurtazione dei fondi da parte di EMI rappresenterebbe la conclusione delle attività di RIAA e un sicuro ridimensionamento della "caccia al condivisore" che tanta pubblicità negativa ha procurato all'intera industria musicale negli ultimi tempi. Un'industria la cui sopravvivenza, dopo l'incredibile serie di errori a catena fatti da Napster in poi, è ora più che mai a rischio. E a cui tutto serve fuorché continuare ad apparire, grazie ai mastini RIAA e IFPI che vomitano fiele sul P2P e trattano i consumatori come pirati "a prescindere", come l'orco cattivo e il vero, tragico problema dell'attuale mercato musicale.

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