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La propaganda di RIAA debutta all'università

18/09/2006
- A cura di
Archivio - Un video pensato per gli studenti americani mette in guardia sulle presunte conseguenze del download a scrocco di contenuti musicali sulle maggiori reti del peer-to-peer..

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Il pezzo che stai leggendo è stato pubblicato oltre un anno fa. AvvisoLa trattazione seguente è piuttosto datata. Sebbene questo non implichi automaticamente che quanto descritto abbia perso di validità, non è da escludere che la situazione si sia evoluta nel frattempo. Raccomandiamo quantomeno di proseguire la lettura contestualizzando il tutto nel periodo in cui è stato proposto.

01_-_All_your_99c_belong_to_RIAA.jpgNonostante le brutte figuracce accumulate con sempre maggior frequenza (rif. RIAA ritira le accuse, e paga le spese della difesa), la potente associazione dei discografici americani prosegue indefessa nella sua campagna maccartista contro le tecnologie del file sharing che, nonostante siano vittoriose nei fatti, continuano ad essere bersaglio privilegiato dell'ostracismo dell'industria, altresì incapace di rinnovare se stessa e di affrontare gli attuali problemi strutturali del mercato.

Ultima iniziativa in ordine di tempo è la realizzazione di un video dai toni apparentemente educativi, pensato per sensibilizzare i giovani studenti americani sui rischi che si corrono se si pratica il "download selvaggio" di contenuti musicali per cui non si corrisponde il giusto compenso nel rispetto del diritto di copyright. Il video (una copia del quale è disponibile a questo indirizzo) suggerisce in pratica che gli studenti dovrebbero essere sempre scettici sui contenuti ottenuti in maniera gratuita, e che realizzare una copia di una canzone, fosse anche solo per far conoscere una nuova band ad un amico, è una pratica illegale in ogni caso.

Siamo insomma di fronte all'ennesimo episodio di propaganda di chi non vuole avere a che fare con i fatti, ma solo convincere tutti come la propria visione delle cose sia l'unica possibile. La totale insensatezza di certe considerazioni spacciate per verità assolute ("è sempre illegale fare copie di una canzone"... anche se si tratta di un backup di un disco regolarmente acquistato?) si somma alla costante, feroce autodifesa di un animale ferito, il moribondo business musicale che non è in grado di vedere oltre i propri paraocchi la semplice verità delle cose: come già hanno dimostrato indagini di organizzazioni internazionali super partes (rif. Rapporto OECD: Il P2P non uccide la musica), non esiste una relazione oggettivamente quantificabile tra l'aumento dei download di MP3 e la riduzione della vendita dei dischi nei negozi.

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