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La trattazione seguente è piuttosto datata. Sebbene questo non implichi automaticamente che quanto descritto abbia perso di validità, non è da escludere che la situazione si sia evoluta nel frattempo. Raccomandiamo quantomeno di proseguire la lettura contestualizzando il tutto nel periodo in cui è stato proposto.
Spara ora nel mucchio l'associazione discografici americani: non potendo più costringere i provider a rivelare i nominativi degli utenti sospettati di filesharing illegale, RIAA si lancia ora in una (anzi, 532) crociate dall'utilità pratica pressoché nulla, ma fondamentali per dimostrare che la battaglia al p2p non si è conclusa con la sentenza qualche settimana fa. Non avendo i nominativi dei sospettati, RIAA ha sporto denuncia contro ignoti, di cui conosce solo l'indirizzo IP e l'ora della presunta violazione: davvero poco per poter impostare una strategia legale vincente. Stando a quanto dichiarato da un portavoce dell'associazione, i 532 utenti sospettati avevano in condivisione più di 800 brani coperti da copyright a testa al momento della rilevazione. Segnala ad un amico |
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