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![]() Cominciano a farsi sentire i guasti del discusso "comma 1-bis", la modifica al diritto d'autore italiano approvata in via definitiva dal parlamento lo scorso settembre (rif. Italia, la cultura digitale è stata azzoppata?). Secondo quanto riportato da un recente articolo di Repubblica, una terminologia tecnica usata impropriamente trasformerebbe nei fatti un semplice comma in una vera e propria regolarizzazione del file sharing di contenuti musicali, mutando come d'incanto un'attività illegale e generalmente mal vista in una pratica assolutamente legittima. A sostenere la tesi è l'esperto Andrea Monti, che ha preso parte alla stesura delle suddette modifiche legislative e spiega a Repubblica che chi ha scritto il comma "non si è reso conto che il termine'degradatò è tecnico, ha un significato ben preciso, che comprende anche gli MP3, a pieno titolo". Stando così le cose, dice Monti, l'entrata in vigore della legge permetterà "di pubblicare MP3 coperti da copyright, senza autorizzazione dai detentori di diritto d'autore: su siti web o anche su server peer-to-peer, il mezzo non conta. Lì si parla infatti solo di'pubblicazione su Internet'". E l'obbligo di usare le opere degradate "per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro"? Per Monti non è un problema insormontabile, e cita gli esempi di "un sito che pubblichi la discografia di un autore a scopo di commento e recensione. Oppure una rete peer-to-peer dei conservatori che mettono la musica a disposizione degli allievi, per studiarla. Tutti usi permessi, se si interpreta in modo letterale la legge". Il "fair use all'italiana" sarebbe insomma, sebbene involontariamente, né più né meno che la legalizzazione del file sharing a lungo tempo desiderata da appassionati e parlamentari progressisti. Tanto più che, sebbene le proposte ancora pendenti in parlamento siano in sostanza diventate carta straccia dopo la caduta del Governo Prodi, le nuove norme su copyright e SIAE sono già state pubblicate Gazzetta Ufficiale, divenendo legge dello Stato in vigore dal prossimo 9 febbraio. La frittata è ormai fatta e a poco serviranno, dice Monti, i paletti che il prossimo governo dovrà fissare per gli usi a scopo didattico o sul significato circostanziato del termine "degradato". La notizia sta tra l'altro avendo una grande echo internazionale, con i siti di news che parlano di P2P legalizzato e dell'inizio di un nuovo paradiso del file sharing nel bel mezzo del Mediterraneo: l'articolo di Repubblica ha finora raggiunto le prime pagine di ars technica, Digg, Slashdot e Slyck, tutti concordi nel dare credito alla lettura che Andrea Monti fa della nuova legge. La verità oltre il degradoIl P2P è stato davvero legalizzato come sostiene l'esperto? Molto probabilmente no. A raffreddare i facili entusiasmi della comprensibile esultanza degli appassionati è l'avvocato-blogger Guido Scorza, che parla di "iperbole difficilmente sostenibile" riguardo l'ipotesi del collega Monti. "Come si fa a dimostrare che la diffusione di un contenuto digitale via P2P avvenga per scopi didattici o scientifici?" taglia corto Scorza.
Non bastasse questo, un commento di Marco Scialdone al post di Guido Scorza fa giustamente notare l'eccezione all'articolo 71 della Legge del 22 aprile 1941 n. 633 sul diritto d'autore, a cui va appunto ad aggiungersi il comma 1-bis: l'Art. 71-nonies definisce esplicitamente che le eccezioni al rispetto del diritto d'autore "non devono essere in contrasto con lo sfruttamento normale delle opere o degli altri materiali, né arrecare un ingiustificato pregiudizio agli interessi dei titolari". E la distribuzione di MP3 sul P2P, evidentemente, rappresenta secondo le attuali leggi italiane ben più di un semplice "contrasto" con il normale sfruttamento commerciale dei prodotti dell'industria multimediale. "Sensazionalismi ed eccessi in questo momento non fanno bene a nessuno ed anzi determinano reazioni di pari intensità ma di segno contrario finendo con esasperare gli animi e rendere difficile il dialogo" scrive Scorza, che invita chi fosse interessato a un cambiamento reale dello stato delle cose, lasciando gli approcci da azzeccagarbugli al facile sensazionalismo della stampa generalista, a contribuire alla bozza di decreto collaborativa che i curatori provvederanno a far avere al Ministero dei Beni Culturali per la "determinazione dei limiti d'uso delle opere di immagini e musiche attraverso la rete Internet per finalità didattiche e scientifiche". Segnala ad un amico |
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