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![]() Mentre la guerra delle console next-gen impazza e miete le prime vittime illustri, GamePro.com ha recentemente fatto un viaggio a ritroso nel tempo per presentare una lista selezionata di fallimenti clamorosi, grossi buchi nell'acqua e più in generale la dimostrazione che, almeno nel corso delle passate generazioni di macchine da gioco, per una console di successo tante sono state le comprimarie che non sono riuscite a conquistare il cuore ma soprattutto il portafogli dei videogamer. La classifica comprende 10 macchine di diverse epoche videoludiche, coprendo un arco temporale che va dal 1987 del TurboGrafx-16 al 1998 del Dreamcast. Al decimo posto troviamo proprio quest'ultima, la console il cui insuccesso ha costretto SEGA a ritirarsi dalla competizione limitandosi agli arcade e al software per le macchine altrui. Anticipatrice delle meraviglie grafiche dell'era a 128 bit che faranno poi la fortuna di PlayStation 2, il Dreamcast è stato un esperimento molto avanti per i suoi tempi, ma non ha purtroppo avuto quel successo duraturo che la produttrice nipponica si aspettava, concludendo la propria vita commerciale dopo soli tre anni con 10,6 milioni di macchine vendute. Al nono posto troviamo il TurboGrafx-16 di NEC, anche noto come PC-Engine in Giappone. Una console per certi versi geniale, dotata di fenomenali capacità grafiche a 16 bit in piena era ad 8 bit (NES) e soprattutto la prima console della storia ad essere dotata di un lettore CD-ROM. Una campagna promozionale negli States poco accorta ha pero confinato la fama del PC-Engine al solo paese nipponico, e la console ha concluso il proprio ciclo vitale nel 1991 con 10 milioni di unità commercializzate. All'ottavo posto c'è poi il SEGA Saturn, la cui complessità realizzativa - e la conseguente necessità di ingenti investimenti per gli sviluppatori di giochi - e un prezzo all'epoca proibitivo di 399 dollari le hanno donato sin poca popolarità dal 1995 fino all'uscita del Dreamcast. Il Saturn è generalmente considerato l'ago della bilancia del fallimento di SEGA come console maker, avendo peggiorato una già problematica situazione dopo il precedente insuccesso del SEGA CD (al settimo posto), add-on per il mitico Genesis/Mega Drive che non riuscì a prolungare poi di molto il ciclo vitale della console a 16 bit della casa di Sonic. Al sesto posto troviamo quel 3DO di Trip Hawkins - il fondatore di Electronic Arts - che spesso ho citato in passato come durissima e preziosa lezione per qualsiasi produttore di macchine da gioco che non voglia fallire prima del tempo: lanciata nel 1993 e prodotta in primis da Panasonic, potente come mai si era visto fino ad allora, dotata di una unità CD-ROM e notevoli capacità tridimensionali anni prima PS1 di Sony, era altresì caratterizzata da un prezzo che rimane imbattuto per la sua inavvicinabilità, quei 700 dollari che nemmeno la esageratamente costosa PS3 è riuscita a battere - pur mettendoci, è bene ribadirlo, tutto l'impegno di questo mondo in tal senso. Potente, comoda per gli sviluppatori e propagandata come sistema di intrattenimento a tutto tondo, la console è rimasta sostanzialmente sugli scaffali, vendendo solo 2 milioni di macchine prima di venire definitivamente battuta dalla console di Sony. Che oggi, con PlayStation 3, potrebbe trovarsi nella stessa situazione del 3DO: tanta potenza ma poca attenzione alle esigenze dell'utente medio di console, in primo luogo il prezzo. Il resto della classifica, per la cui lettura completa rimandiamo all'articolo originale, comprende il Virtual Boy di Nintendo al quinto posto, il CD-i di Philips al quarto e infine il terzetto delle peggiori console della storia: Atari Jaguar, SEGA 32X e Apple Pippen. Prima di produrre l'onnipresente iPod infatti, la casa Mela si è imbarcata anche nell'avventura console in partnership con la giapponese Bandai. Risultato: 42.000 macchine vendute in totale, specchio fedele del prezzo inutilmente alto (599 dollari) e di un numero estremamente limitato di giochi a corredo. Il peggior fiasco di sempre. Segnala ad un amico |
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