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In Rainbows pagato poco? I Radiohead smentiscono

20/11/2007
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Archivio - Continuano le speculazioni sui ricavi reali della band inglese provenienti dalla distribuzione digitale dell'ultimo album. I Radiohead rispondono ufficialmente ad una indagine di mercato che parla di presunta tirchieria dei downloader. L'indagine è sbagliata.

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Il pezzo che stai leggendo è stato pubblicato oltre un anno fa. AvvisoLa trattazione seguente è piuttosto datata. Sebbene questo non implichi automaticamente che quanto descritto abbia perso di validità, non è da escludere che la situazione si sia evoluta nel frattempo. Raccomandiamo quantomeno di proseguire la lettura contestualizzando il tutto nel periodo in cui è stato proposto.

Avrà venduto, non avrà venduto, ma soprattutto quanto avrà venduto: il proliferare di congetture, indagini statistiche o semplici speculazioni sulla distribuzione di In Rainbows come download digitale via web continua ad essere al centro dell'interesse di media, major e società di ricerca (rif. Radiohead, In Rainbows tra P2P e stime di vendita ufficiose). L'ultima di queste indagini, ad opera di comScore, sancirebbe che la politica di "paga-quel-che-vuoi" adottata dalla band non avrebbe giovato granché alle vendite.

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Secondo i dati forniti da comScore, solo il 38% di tutti quelli che hanno scaricato l'album avrebbe pagato per farlo, con il restante 62% che avrebbe al contrario preferito non sborsare un singolo centesimo per il download. Fra coloro che hanno pagato, inoltre, la maggioranza avrebbe scucito meno di 4 dollari. Per comScore, le speculazioni fin qui circolate sui milioni di dollari di ricavi in una singola giornata di vendita sarebbero insomma da ridimensionare pesantemente.

All'ipotesi - puramente statistica - risponde infine la band di Yorke e compagnia, che con una dichiarazione ufficiale nega fermamente la validità dei dati: "In risposta alle stime puramente speculative annunciate sulla stampa riguardo il numero di download e il prezzo pagato per l'album - si legge nelle dichiarazioni pubblicate in rete - i portavoce del gruppo vorrebbero ricordare a tutti che... è impossibile per le organizzazioni esterne avere stime accurate sulle vendite".

"Ciò nondimeno - continuano i portavoce della band - va confermato che le stime attribuite alla società comScore Inc. sono totalmente inaccurate e non riflettono in alcun modo una indagine di mercato definitiva o, piuttosto, il reale successo del progetto". La band sbugiarda dunque comScore, che dal canto suo conferma invece le stime di vendita con un possibile margine di errore minimo.

Difficile a questo punto stabilire chi abbia ragione: all'emittente inglese BBC i Radiohead hanno confermato la ferma volontà di non ufficializzare ancora i dati di vendita reali, essendo i suddetti "non di pubblico consumo" e considerando che i download di In Rainbows sono ancora in corso. Per stabilire la reale portata di uno degli esperimenti più innovativi del mercato musicale degli ultimi anni bisognerà attendere ancora, con buona pace della "confidenza" di comScore o di chiunque altro si diletti con calcolatrice e interviste telefoniche.

Chi dà invece per certo il successo dell'iniziativa è il professor Ed Felten, che sul weblog Freedom to Tinker analizza la strategia di prezzo adottata dai Radiohead e spiega perché, anche se il prezzo medio pagato per l'album fosse più basso di quanto previsto, la cosa non influenzerebbe in maniera negativa i profitti, anzi. In sostanza per Felten un prezzo basso spalmato su un numero maggiore di acquirenti implica il moltiplicarsi dei ricavi, e non certo il contrario. L'interessante spiegazione, completa di esempi e ulteriori valutazioni, è disponibile a questo indirizzo.

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