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Legge SIAE: gli MP3 sul P2P sono davvero legali?

04/02/2008
- A cura di
Archivio - No, non lo sono affatto, ma la discussione scatenata da un articolo pubblicato su un quotidiano nazionale sta facendo il giro della rete. Il comma-bis fantozziano parrebbe fornire una scappatoia ai "pirati" del P2P, ma in realtà si tratta di una posizione debole e difficile da sostenere di fronte a un giudice Repubblica. I dettagli.

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Il pezzo che stai leggendo è stato pubblicato oltre un anno fa. AvvisoLa trattazione seguente è piuttosto datata. Sebbene questo non implichi automaticamente che quanto descritto abbia perso di validità, non è da escludere che la situazione si sia evoluta nel frattempo. Raccomandiamo quantomeno di proseguire la lettura contestualizzando il tutto nel periodo in cui è stato proposto.

Cominciano a farsi sentire i guasti del discusso "comma 1-bis", la modifica al diritto d'autore italiano approvata in via definitiva dal parlamento lo scorso settembre (rif. Italia, la cultura digitale è stata azzoppata?). Secondo quanto riportato da un recente articolo di Repubblica, una terminologia tecnica usata impropriamente trasformerebbe nei fatti un semplice comma in una vera e propria regolarizzazione del file sharing di contenuti musicali, mutando come d'incanto un'attività illegale e generalmente mal vista in una pratica assolutamente legittima.

A sostenere la tesi è l'esperto Andrea Monti, che ha preso parte alla stesura delle suddette modifiche legislative e spiega a Repubblica che chi ha scritto il comma "non si è reso conto che il termine'degradatò è tecnico, ha un significato ben preciso, che comprende anche gli MP3, a pieno titolo". Stando così le cose, dice Monti, l'entrata in vigore della legge permetterà "di pubblicare MP3 coperti da copyright, senza autorizzazione dai detentori di diritto d'autore: su siti web o anche su server peer-to-peer, il mezzo non conta. Lì si parla infatti solo di'pubblicazione su Internet'".

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E l'obbligo di usare le opere degradate "per uso didattico o scientifico e solo nel caso in cui tale utilizzo non sia a scopo di lucro"? Per Monti non è un problema insormontabile, e cita gli esempi di "un sito che pubblichi la discografia di un autore a scopo di commento e recensione. Oppure una rete peer-to-peer dei conservatori che mettono la musica a disposizione degli allievi, per studiarla. Tutti usi permessi, se si interpreta in modo letterale la legge".

Il "fair use all'italiana" sarebbe insomma, sebbene involontariamente, né più né meno che la legalizzazione del file sharing a lungo tempo desiderata da appassionati e parlamentari progressisti. Tanto più che, sebbene le proposte ancora pendenti in parlamento siano in sostanza diventate carta straccia dopo la caduta del Governo Prodi, le nuove norme su copyright e SIAE sono già state pubblicate Gazzetta Ufficiale, divenendo legge dello Stato in vigore dal prossimo 9 febbraio.

La frittata è ormai fatta e a poco serviranno, dice Monti, i paletti che il prossimo governo dovrà fissare per gli usi a scopo didattico o sul significato circostanziato del termine "degradato". La notizia sta tra l'altro avendo una grande echo internazionale, con i siti di news che parlano di P2P legalizzato e dell'inizio di un nuovo paradiso del file sharing nel bel mezzo del Mediterraneo: l'articolo di Repubblica ha finora raggiunto le prime pagine di ars technica, Digg, Slashdot e Slyck, tutti concordi nel dare credito alla lettura che Andrea Monti fa della nuova legge.

La verità oltre il degrado

Il P2P è stato davvero legalizzato come sostiene l'esperto? Molto probabilmente no. A raffreddare i facili entusiasmi della comprensibile esultanza degli appassionati è l'avvocato-blogger Guido Scorza, che parla di "iperbole difficilmente sostenibile" riguardo l'ipotesi del collega Monti. "Come si fa a dimostrare che la diffusione di un contenuto digitale via P2P avvenga per scopi didattici o scientifici?" taglia corto Scorza.

02_-_Sharing.jpgInfatti appare quantomeno pretenzioso pensare di sostenere, davanti a un giudice in un ipotetico caso contro il file sharing, di aver diffuso "per scopi didattici o scientifici" decine di discografie e migliaia di brani in formato MP3. Monti avrebbe insomma provocatoriamente e consapevolmente spinto sull'acceleratore, laddove l'attuale situazione di scontro fra diritto d'autore e libero accesso ai contenuti in rete imporrebbe al contrario di mantenere il sangue freddo.

Non bastasse questo, un commento di Marco Scialdone al post di Guido Scorza fa giustamente notare l'eccezione all'articolo 71 della Legge del 22 aprile 1941 n. 633 sul diritto d'autore, a cui va appunto ad aggiungersi il comma 1-bis: l'Art. 71-nonies definisce esplicitamente che le eccezioni al rispetto del diritto d'autore "non devono essere in contrasto con lo sfruttamento normale delle opere o degli altri materiali, né arrecare un ingiustificato pregiudizio agli interessi dei titolari". E la distribuzione di MP3 sul P2P, evidentemente, rappresenta secondo le attuali leggi italiane ben più di un semplice "contrasto" con il normale sfruttamento commerciale dei prodotti dell'industria multimediale.

"Sensazionalismi ed eccessi in questo momento non fanno bene a nessuno ed anzi determinano reazioni di pari intensità ma di segno contrario finendo con esasperare gli animi e rendere difficile il dialogo" scrive Scorza, che invita chi fosse interessato a un cambiamento reale dello stato delle cose, lasciando gli approcci da azzeccagarbugli al facile sensazionalismo della stampa generalista, a contribuire alla bozza di decreto collaborativa che i curatori provvederanno a far avere al Ministero dei Beni Culturali per la "determinazione dei limiti d'uso delle opere di immagini e musiche attraverso la rete Internet per finalità didattiche e scientifiche".

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