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Musica digitale, rivoluzione in arrivo?

10/04/2008
- A cura di
Archivio - Lentamente ma inesorabilmente, i manager delle morenti etichette discografiche stanno uscendo dal letargo e dimostrano di voler pensare a come adattarsi al nuovo corso della condivisione dei contenuti in Rete. Ne va della sopravvivenza dei loro stipendi, ma soprattutto di quella dell'intera industria.

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Il pezzo che stai leggendo è stato pubblicato oltre un anno fa. AvvisoLa trattazione seguente è piuttosto datata. Sebbene questo non implichi automaticamente che quanto descritto abbia perso di validità, non è da escludere che la situazione si sia evoluta nel frattempo. Raccomandiamo quantomeno di proseguire la lettura contestualizzando il tutto nel periodo in cui è stato proposto.

Se le cronache recenti parlano ancora di cause legali contro celebri roccaforti pirata, piagnistei su presunti danni a 10 zeri e più in generale di lotta senza quartiere ai download selvaggi dal file sharing, il futuro della musica in rete potrebbe forse avere un qualche barlume di senso e ragionevolezza. Quasi non ci si crede, ma due di quelle major musicali apparentemente così gaie nel precipitarsi verso il baratro rispondendo al progresso tecnologico con decine di migliaia di denunce, danno segni concreti di volersi impegnare su fronti diversi ma concordi nel seguire il volere dei propri consumatori piuttosto che trascinarli in tribunale.

Warner Music Group da un lato ed EMI Group dall'altro, hanno assoldato due influenti personaggi dell'industria e dell'hi-tech per cercare di porre rimedio alla rovina delle vendite dei tradizionali compact disc, ricercando o creando nuovi canali da cui far rifluire i proventi economici bruciati in questi anni frenetici, caratterizzati dall'evoluzione delle abitudini e delle tecnologie a disposizione dei consumatori di musica.

E se per EMI c'erano già nell'aria le avvisaglie di un drastico cambio di rotta nei confronti dell'attuale status quo del mercato musicale, la proposta di Warner è per certi versi sorprendente e suona quasi come una rivincita di quanti, sottoscritto incluso, da anni sostengono la necessità di nuove strade in grado di garantire sia la raccolta dei ricavi che la facilità di download di brani e dischi in digitale dal P2P.

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Jim Griffin, veterano dell'industria e ora consulente assoldato dal patron di Warner Edgar Bronfman Jr. - quello dei due pesi e delle due misure sul P2P, dei figli suoi e di quelli degli altri - avrà tre anni di tempo per mettere insieme una nuova organizzazione, con l'obiettivo dichiarato di promuovere l'adozione diffusa di un piano di sottoscrizione mensile o annuale in grado di garantire l'accesso completo e illimitato alla musica in rete, senza il rischio di finire nelle mire di avvocaticchi e crociate legali di sorta.

Una rivincita col botto appunto, visto che a conti fatti si tratta dell'adozione del principio di quella Licenza Volontaria Collettiva formulata da EFF nel lontano aprile 2004, che nella versione di Warner prevede il pagamento forfetario di una cifra di 5 dollari al mese o giù di lì, da corrispondere assieme alla quota riservata al provider della connessione Internet per vedersi legittimata la possibilità di scaricare, condividere, copiare e trasportare dovunque si voglia la propria musica preferita.

Certo la proposta è stata ampiamente criticata ed è criticabile in virtù del suo essere una sorta di tassa obbligatoria più che un'autotassazione volontaria, ma nondimeno rappresenta un potenziale spartiacque per un'etichetta finora al massimo impegnata nella vendita di MP3 sullo store di Amazon, e un possibile punto di passaggio fondamentale per l'intera industria musicale. "Non penso dovremmo denunciare gli studenti e non penso dovremmo denunciare le persone nelle loro case", ha dichiarato Griffin, aggiungendo di voler "monetizzare l'anarchia di Internet".

Sarà insomma anche una tassa in odore di estorsione come sottolineato da qualcuno, ma quanto sembra lontano l'orizzonte degli eventi di RIAA e IFPI che grugniscono e mostrano i denti a chiunque osi scaricare un MP3 su eMule... La nuova organizzazione, inoltre, non farebbe altro che accelerare il già avanzato processo di smobilitazione delle suddette organizzazioni oramai totalmente prive di significato.

Meno definita ma altrettanto decisa appare la convinzione del nuovo management di EMI Group, che da quando ha preso le redini dell'etichetta ha messo nero su bianco la necessità di una svolta epocale per evitare di finire in bancarotta. Quella svolta potrebbe passare per le mani di Douglas Merrill, ex-dirigente Google ora assoldato dalla major per prendersi cura del suo business digitale.

02_-_Douglas_Merrill.jpg"Sono appassionato di informazioni", ha detto Merrill in una intervista data giusto dopo il primo aprile, citando talune di queste informazioni che mettono in evidenza come il file sharing sia una cosa buona per gli artisti. In questo senso, l'esperto non considera il "denunciare i fan" come una strategia vincente, spingendo piuttosto per una valutazione analitica dei dati per scoprire come sfruttare la pirateria "buona" invece di spendere denaro inutile in avvocati.

Merrill parla della necessità di sperimentare, qui e adesso, nuove vie per la distribuzione di musica, e magari la trasformazione dell'intero concetto di vendita di prodotti artistici, passando dalla musica come prodotto alla musica come servizio. Ci sono il modello delle sottoscrizioni o quello della "tassa" sugli ISP che vuole Warner, ma nessuno può dire quale andrà per la maggiore.

"Dovremmo allora provarli e stare a vedere quello che ci dicono i dati - dice Merrill - Altre opzioni saranno cose come l'immaginarsi di supportare la musica attraverso advertising contestuale, il modello di Google insomma. C'è una dozzina di altre strade... dovremmo provarle tutte. Dovremmo guardare cosa dicono i dati e seguirli qualunque cosa ci dicano, e seguire i nostri utenti".

L'executive dimostra insomma di non aver perso il gusto per la sperimentazione appreso mentre era impiegato presso Google, e da fan dei Nine Inch Nails cita gli esperimenti di Trent Reznor e compagnia come un caso di studio "veramente interessante e illuminante". Ora come ora non bisogna però fossilizzarsi su un singolo caso che ha avuto successo ma provare cose diverse in contesti diversi, suggerisce Merrill. "Alcune funzioneranno. Altre no. Ma abbiamo bisogno di sperimentarle tutte" conclude il nuovo dirigente di EMI.

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