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La trattazione seguente è piuttosto datata. Sebbene questo non implichi automaticamente che quanto descritto abbia perso di validità, non è da escludere che la situazione si sia evoluta nel frattempo. Raccomandiamo quantomeno di proseguire la lettura contestualizzando il tutto nel periodo in cui è stato proposto.
Un 47enne di Genova viene accusato del reato di molestie continuate (artt. 81/2 e 660 c.p.), per aver inviato alcuni messaggi, tra cui un MMS con un'immagine porno, al cellulare di un minorenne. L'imputato si difende, sostenendo che i messaggi non erano affatto diretti al bambino, ma ad un suo amico. L'uomo, infatti, aveva memorizzato per errore un numero diverso da quello dell'amico. Di conseguenza, i messaggi che gli inviava continuavano ad arrivare al destinatario sbagliato, ossia al bambino, che l'imputato nemmeno conosceva. Accertati i fatti, il Tribunale monocratico di Genova assolve l'imputato: manca il dolo del reato di molestia. Ma il procuratore generale presso Corte d'Appello di Genova non ci sta e presenta ricorso in Cassazione. Il procuratore sostiene che, sebbene l'imputato non volesse molestare il bambino, in base all'art. 82 del codice penale egli deve rispondere "come se avesse commesso il fatto in danno della persona che voleva offendere". Secondo questa disposizione, infatti, è indifferente la specifica identità della vittima. Ciò che conta è che il soggetto voglia realizzare il fatto nei confronti di una qualsiasi persona. L'argomentazione non sembra convincere Cassazione, che rigetta il ricorso del procuratore e assolve l'imputato in via definitiva. In primo luogo - si legge nella sentenza (I sez. pen., n. 36225) - "la specificità del soggetto effettivamente preso di mira dall'agente non può considerarsi del tutto irrilevante in una ricostruzione del dolo che ne esalti la concreta dimensione psicologica". Difatti, non è la prima volta che l'art. 82 c.p. pone problemi di compatibilità con il principio di colpevolezza sancito nel testo costituzionale. Inoltre, nel caso concreto, l'imputato non voleva affatto arrecare un'offesa al destinatario "preso di mira", che era semplicemente un amico con cui condivideva "certe passioni". Segnala ad un amico |
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