Sui canali "beta" e "dev" di Google Chrome sono in circolazione da qualche tempo le compilazioni preliminari della prossima iterazione del velocissimo browser realizzato dal colosso della ricerca: Google Chrome 6
Ad alcuni mesi dal debutto della release 5 stabile, il numero di funzioni aggiuntive implementate sulla sesta major release inizia a diventare consistente.
Google Chrome 6 veicola un nuovo tema di colore grigio. La differenza, rispetto all'azzurro delle release precedenti, risulta comunque visibile solo agli osservatori più attenti
Chi non gradisse la novità può comunque tornare alle tinte precedenti installando il tema "Classic Blue".
La sesta versione maggiore di Google Chrome presenta numerosi ritocchi minori all'interfaccia, fra i quale ne spiccano principalmente due.
Innanzitutto, il prefisso http:// non è più mostrato nella barra degli indirizzi. Al contrario delle build meno recenti però, la funzione gestisce correttamente anche il copia-incolla di indirizzi da e verso il campo
In secondo luogo, il pulsante "Vai" alla fine delle barra è stato completamente rimosso.
Venendo a novità più consistenti, troviamo la possibilità di sincronizzare le estensioni installate fra calcolatori differenti
Tale caratteristica risulta molto interessante per coloro che si trovino a lavorare su più di una macchina, poiché consente di installare un'estensione su un solo computer e ritrovarsela poco dopo anche su tutti gli altri.
Per attivare la novità è necessario lanciare il browser web aggiungendo il parametro --enable-sync-extensions --sync-url=https://clients4.google.com/chrome-sync/dev e, quindi, abilitare la sincronizzazione da Chiave inglese -> Opzioni -> Impostazioni personali -> Sincronizza: -> Personalizza....
Similmente a quanto visto mesi addietro con l'integrazione di Flash Player, Google ha scelto di dotare il proprio browser web anche del supporto nativo ai documenti PDF
Questo significa che i popolari documenti nel formato spinto da Adobe possono essere aperti direttamente nel navigatore, senza installare alcun plug-in aggiuntivo.
Il messaggio di presentazione ha spiegato che la funzione è notevolmente più sicura rispetto all'approccio precedente, poiché il visualizzatore lavora nella stessa sandbox isolata dal sistema operativo nella quale opera l'intero browser.
Inoltre, lo strumento verrà auto-aggiornato dall'automatismo Google Updater: questo significa che all'utente non è richiesta alcuna particolare attenzione per utilizzare sempre la versione più recente.
Anche in questo caso, è necessario attivare manualmente il supporto: digitare Chrome://plugins nella barra degli indirizzi e quindi cliccare sul link Abilita in corrispondenza di Chrome PDF Viewer.
Google Chrome 6 è dotato anche di un decodificatore per i filmati in streaming compressi con la tecnologia WebM
D'altro canto, non ci si sarebbe potuti aspettare diversamente: come noto infatti, WebM è un codec basato su VP8 e realizzato da Google stessa.
Gli interessati possono testare la novità abilitando dapprima la modalità HTML5 di YouTube, ed aprendo quindi un filmato compatibile (come questo).
Il sistema delle notifiche, mediante il quale le pagine web possono visualizzare informazioni a pop-up direttamente sul desktop dell'utente, è stato parzialmente rivisto ed ampliato
Affinché il sistema funzioni comunque, è indispensabile che l'utente autorizzi manualmente i singoli domini.
La versione più recente di Google Chrome è quella del canale "dev", ovvero la più instabile ma anche l'unica dotata di tutte le novità presentate fino ad ora.
Gli interessati possono passare al canale dev semplicemente installando (anche direttamente sopra un'installazione stabile) l'apposita build: Windows, Mac, Linux.
Chi invece volesse provare il nuovo browser pur senza utilizzare codice altamente instabile, può rivolgersi al canale beta: Windows, Mac, Linux. Nemmeno tali build sono ufficialmente pronte, ma risultano comunque un po' più affidabili rispetto a quelle "dev".
Va da sé che, trattandosi di codice ancora in divenire, Google Chrome 6 non dovrebbe essere utilizzato su sistemi di produzione. In tali scenari, la release stabile (Windows, Mac, Linux) è sicuramente consigliata.
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