Al voto al più presto....ma quanto scommettete che non ci andremo e all'ultimo momento troveranno un accordo per salvare capra e cavoli, scusate voti e poltrone per tutti.
I primi due quesiti riguardano l'abrogazione dell'assegnazione del premio di maggioranza alle coalizioni, sia alla Camera che al Senato. Questo significa che il premio di maggioranza viene attribuito non più alla coalizione ma al singolo partito che ottiene più voti. E che basta avere una maggioranza relativa, anche magari solo il 20 per cento, per avere maggioranza assoluta in tutto il Parlamento. Questi i quesiti che hanno fatto maggiormente discutere tecnici e costituzionalisti. Contro di loro i piccoli partiti hanno alzato le barricate in questi mesi perché il fatto che non ci sia più l'obbligo di coalizione li taglia fuori da giochi e allenze.
Il terzo quesito, invece, prevede il divieto di candidarsi, e dunque essere eletto, in più circoscrizioni. La consultazione popolare deve essere ora fissata dal governo tra il 15 aprile e il 15 giugno. Entro il 10 febbraio invece si conosceranno le motivazioni. Top secret al momento anche ogni tipo di indiscrezione sulla camera di consiglio, a cominciare da quanti sono stati i voti a favore e quanti quelli contrari. "E' una decisione della Corte" tagliano corto nel settecentesco palazzo di piazza del Quirinale. I giudici sono quattordici - Vaccarella, che si è dimesso in aprile - non è stato ancora sostituito. Si può solo dire che in caso di parità il voto del presidente Franco Bile vale doppio per arrivare a una maggioranza. I rumors di questa lunga vigilia hanno sempre detto che comunque non ci sono mai stati dubbi sull'ammissibilità dei quesiti. E che l'esito della camera di consiglio era abbastanza scontato.
Hanno "vinto", quindi, Giovanni Guzzetta e Mario Segni. E ha vinto quella parte del vecchio Ulivo che nei referendum ha creduto fino in fondo mettendoci la faccia, a cominciare il ministro della Difesa Arturo Parisi. L'obiettivo, per tutti loro in questi mesi, è stato quello di dare all'Italia un sistema di voto decisamente maggioritario, di "dare un taglio ai piccoli partiti" e di recuperare un rapporto diretto tra politica e cittadini. Per Mario Segni è una lotta che va avanti dal 1990. Questa contro il "porcellum", il sistema di voto con cui si è votato nell'aprile 2006, può essere definita la quinta battaglia. "Godiamoci la giornata" si limita a dire, per ora, Mario Segni. Giovanni Guzzetta, presidente del Comitato, parla di "stroardinaria sensazione di soddisfazione". Per Forza Italia e l'opposizione è una "decisione scontata".
L'unico modo per evitare il referendum è che il Parlamento approvi prima della consultazione una nuova legge elettorale. La domanda è: meglio andare al voto con un proporzionale corretto proposto da Enzo Bianco? O col maggioritario secco tratteggiato dai referendari? Dal punto di vista dei partiti più piccoli, quelli che viaggiano su percentuali del 2-3 per cento, non ci sono dubbi: meglio "accontentarsi" del testo che tutela un minimo le minoranze partitiche. "La riforma elettorale ora è più urgente e dobbiamo votare la bozza Bianco" commenta il capogruppo di Rifondazione Giovanni Russo Spena.
Repubblica