Secondo la dottrina americana del fair use, l'utente ha diritto alla copia privata per uso personale di materiale protetto da copyright di interesse generale. Nel settore degli audiovisivi, una falla tecnica presente in ogni sistema di ricezione di contenuti in formato digitale permette di riversare, con estrema facilità, il contenuto desiderato su un dispositivo di registrazione che lavori in formato analogico: è possibile, ad esempio, utilizzare una scheda di acquisizione video per trasferire su hard disk uno spettacolo in prima visione accessibile dal satellite.
La cosa è fattibile grazie all'estraneità dei due mondi: un'eventuale protezione DRM codificata in formato digitale, verrebbe del tutto ignorata da componentistica pensata per lavorare in analogico. Essendo inoltre la copia analogica di qualità inferiore, è fatto concesso, sostengono gli attivisti di EFF (l'associazione che si batte per i diritti e le nuove libertà digitali), procurarsi una copia dei contenuti secondo la modalità appena descritta.
La stessa industria dello spettacolo, ha sempre sostenuto i suoi sforzi di implementazione di meccanismi di limitazione dei diritti di utilizzo sui contenuti (Digital Rights Management, appunto) con la possibilità di preservare il fair use grazie al "buco analogico" del broadcasting digitale. Una sorta di "foglia di fico", una giustificazione ipocrita per una vera e propria "guerra all'utente" dai toni maccartisti in costante e preoccupante accelerazione...
Grazie alla proposta di legge di un senatore di fede repubblicana, tale James Sensenbrenner, ora quella patetica foglia di fico sta definitivamente per saltare: il nostro James, ispirato chissà da "chi", ha sostenuto la necessità di tappare assolutamente quel buco per salvaguardare la povera industria multimiliardaria (in dollari...) dello spettacolo. L'encomiabile sforzo si è tradotto nella presentazione, un paio di settimane fa, di una proposta di legge chiamata Digital Transition Content Security Act.
Il DTCSA prevede di adottare limitazioni hardware su tutti i dispositivi di acquisizione e ricezione analogica: dalla radio con mangianastri alla scheda PCI con presa SCART, tutta l'elettronica di consumo verrebbe interessata dalla nuova legge. Il sistema si basa sull'utilizzo di due tipi di DRM fisici, definiti Video Encoded Invisible Light e Content Generation Management System-Analog: il VEIL aggiunge al segnale fotogrammi invisibili all'occhio umano, mentre il CGMS-A definisce i criteri particolari secondo cui il contenuto protetto è duplicabile o meno.
Ricordiamo, in particolare, che l'implementazione di DRM di tipo CGMS-A è in fase avanzata di studio in quel di Redmond per Windows Vista, all'interno della ben più ampia iniziativa del Next-Generation Secure Computing Base, aka Palladium (si rimanda, per approfondimenti, all'articolo Palladium in Vista? Promette male..., pagina 3, paragrafo CGMS-A e la chiusura del "buco analogico").
Come già accennato, la prospettiva si fa incerta e preoccupante se si considera, oltre alle inevitabili ripercussioni sui diritti legittimi degli utenti, anche la necessità, per l'intero settore, di conformarsi alle nuove norme: uno sforzo non da poco che, assieme alla sempre più serrata concorrenza di hardware made in China, solitamente poco incline alle blindature e alle DRM, potrebbe portare mutamenti radicali negli assetti dell'industria e nelle abitudini di acquisto dei consumatori.
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