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I social network contrabbandavano informazioni riservate

a cura di Zane
24/05/2010 - news
Internet - Facebook, MySpace, Digg ed altri siti di social networking sono stati pizzicati a condividere informazioni fin troppo personali con le agenzie pubblicitarie, mediante le quali... era possibile riconoscere i singoli naviganti.

Un articolo pubblicato da The Wall Street Journal sul finire della settimana appena trascorsa ha generato una nuova ondata di indignazione in rete. Il quotidiano ha infatti "pizzicato" alcuni fra i più importanti social network a condividere con le agenzie pubblicitarie terze il nome dell'utente correntemente loggato o il suo identificativo.

La chiara violazione della privacy si verificava quando il visitatore cliccava sui banner pubblicitari mediante i quali questi servizi si sostentano.

La pratica consentiva alle agenzie di tracciare ed identificare con la massima precisione i singoli naviganti, in uno scenario di Orwelliana memoria che, certamente, andrà a rafforzare l'interesse verso modelli sociali alternativi.

Non fosse per la strategia commerciale, ben poco etica in sé, il comportamento appare particolarmente scorretto nei confronti degli utenti registrati anche perché i vari accordi a tutela della privacy proposti da questi servizi assicurano che nessun dato personale verrà comunicato a terzi senza lo specifico consenso dell'utente.

Il pezzo originale svela i nomi dei soggetti coinvolti: vi sono Facebook e MySpace, ma anche LiveJournal, Hi5, Digg e Xanga. Nemmeno Twitter è completamente estraneo ai fatti: il cinguettatore traccia infatti i click effettuati fra le varie pagine del sito stesso, sebbene tali informazioni non sia poi condivise con terzi.

Il comportamento più grave sarebbe stato quello di Facebook: mentre infatti gli altri siti inviavano principalmente informazioni inerenti la pagina visualizzata, il più popolare social network trasmetteva anche il nome utente e l'ID dell'utente corrente.

Per quanto riguarda "i compratori" invece, l'articolo rivela il coinvolgimento, fra le altre, di DoubleClick, proprietà di Google, e Right Media di Yahoo!. Le agenzie hanno comunque smentito di essere a conoscenza del dettaglio e che, di conseguenza, nessuna delle informazioni personali trasmesse sia mai stata utilizzata o archiviata.

Entrare in possesso di tali dettagli è certamente molto redditizio per le aziende specializzate in pubblicità contestuale, poiché, conoscendo l'identitià dei vari utenti, diviene possibile mostrare loro inserzioni più rilevanti in funzione degli interessi. Leggasi: donne e motori per gli uomini, abbigliamento per le donne, elettronica di consumo ai ragazzi e via dicendo.

MySpace, Hi5, Digg, Xanga e LiveJournal si sono difesi spiegando che, poiché gli username utilizzati dagli iscritti sono generalmente stringhe di fantasia, taleinformazione non può essere considerata "personale" o rilevante in alcun modo.

Facebook e MySpace, al contrario, hanno dichiarato di aver prontamente interrotto tale attività dopo lo scoop di The Wall Street Journal. È comunque difficile capire quanti naviganti siano già stati identificati nel frattempo, e, soprattutto, per quanto sarebbe perdurato tale"contrabbando" di dati personali se il quotidiano economico non fosse riuscito a portare sotto i riflettori la faccenda: la pratica era infatti stata scoperta per la prima volta da un gruppo di ricercatori addirittura ad agosto dell'anno scorso.

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