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Indagati due dirigenti di Google Italia

27/11/2006
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Archivio - Due legali rappresentanti di Google Italia sono stati iscritti nel registro degli indagati con l'accusa di concorso in diffamazione aggravata a mezzo Internet. Sotto accusa il filmato delle violenze ad un ragazzo down, in circolazione da mesi sulla rete.

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Il pezzo che stai leggendo è stato pubblicato oltre un anno fa. AvvisoLa trattazione seguente è piuttosto datata. Sebbene questo non implichi automaticamente che quanto descritto abbia perso di validità, non è da escludere che la situazione si sia evoluta nel frattempo. Raccomandiamo quantomeno di proseguire la lettura contestualizzando il tutto nel periodo in cui è stato proposto.

È ormai tristemente noto alle cronache l'episodio di bullismo verificatosi nei confronti di un ragazzo down, picchiato e insultato da alcuni compagni di scuola. In un'escalation di crudeltà, questi ragazzi per così dire "normali" hanno realizzato un filmato di quanto accaduto in classe e hanno poi provveduto a caricarlo on-line. Millenium Google Earth.png

Qualche settimana fa, l'avvocato Guido Camera, legale dell'associazione Vivi Down, ha presentato denuncia Procura milanese nei confronti di due legali rappresentanti di Google Italia, ora indagati per concorso in diffamazione aggravata a mezzo Internet.

Il reato di diffamazione è disciplinato dall'art. 595 del Codice Penale, e consiste nel fatto di chi "comunicando con più persone, offende l'altrui reputazione". Il comma 3 dello stesso articolo prevede un aumento di pena "se l'offesa è arrecata col mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità".

Precisamente, i due rappresentanti sono accusati di non aver vigilato sui contenuti di Google, posto che "non impedire un evento, che si ha l'obbligo giuridico di impedire, equivale a cagionarlo" (art. 40, comma 2, c. p.). Pertanto, Google avrebbe concorso nel reato di diffamazione - seppur mediante omissione - con i ragazzi autori del linciaggio al giovane disabile.

In questi giorni, nell'ambito delle indagini condotte dai pubblici ministeri Francesco Cajani e Alfredo Robledo, la sede legale di Google Italia è stata perquisita con lo scopo di individuare documenti utili per le successive fasi del processo.

Dal canto suo, l'azienda ha asserito di non avere alcuna possibilità di controllare i video, posto che il server non si trova in Italia, bensì negli Usa.

La questione si preannuncia di non facile soluzione: non ci sono precedenti analoghi, e ci si interroga su come individuare e perseguire le responsabilità dei gestori di un'azienda che svolge la sua attività in uno spazio prettamente virtuale.

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