Un liceo bolognese ha deciso, dall'anno prossimo, mi migrare la lezione da carta a tablet: corsi d'aggiornamento per i docenti, e basta zaini pesanti. Una sperimentazione lombarda assegna € 8000-8500 a ogni classe degli istituti superiori aderenti per l'acquisto di una Lavagna Interattiva Multimediale e un tablet per ogni studente. Dall'anno prossimo tutti i libri adottati dovranno obbligatoriamente avere supporto digitale. I bimbi delle medie già sognano il tablet in classe, apposta per copiare e fregare l'insegnante.
La mia voce è fortemente contraria per le seguente motivazioni (motivazioni che, se qualcuno dovesse preferire, sono anche in un video):
- È parte di una tendenza al ribasso, che privilegia la superficialità e la semplificazione e non premia la profondità. Si adotta come metodo di lezione un dispositivo che, rispetto a un computer, è una semplificazione: si perde il valore di un computer, il valore della complessità e la possibilità di capire il funzionamento dello stesso, a favore di una tavoletta che non può essere aperta, che è nata per essere semplice da usare. Già i nativi digitali nascono con molta meno curiosità di capire quello che nascono avendo tra le mani, ovvero la tecnologia, così stronchiamo proprio ogni possibilità. Addio curiosità hacker.
- Il tablet funziona in modo simile a una calcolatrice. Così come un matematico non può dire di aver imparato la matematica con la calcolatrice, nè di basarsi su essa nei suoi studi, così non non può fare l'informatico con il tablet. Ma il tablet a scuola non sarebbe più limitato solo all'informatica, ma toccherebbe a questo punto tutte le discipline. Solo che il tablet prende dei dati in input (tipo una ricerca con Google) e fornisce dei risultati (le risposte che si desideravano), ma non fa minimamente cenno al come sia pervenuto a tali risposte. Lo studente impara così a trovare le risposte ma non a capire.
- Il tablet è uno strumento che nasce per lo svago. Come l'ereader nasce per la lettura, il computer per il lavoro e il cellulare per le telefonate, il tablet trova le sue applicazioni nello svago. La lettura su tablet è masochismo: dopo un'ora bisogna smettere a causa del fatto che è uno schermo retroilluminato, e che di solito sta anche più vicino agli occhi di quanto non stia un monitor. La scrittura su dispositivo touch è un macello, facilissimo che scappi il dito e chissà cosa succede. Agevolissimo invece per vedere video, ascoltare musica, consultare feed, social network, navigare qua e là... ma non vedo come queste ultime capacità possano essere di una qualche utilità alla scuola, non certo per tutte le sei ore di lezione. Invece vedo benissimo come il problema con lettura e scrittura che si porta dietro possano essere dei problemi anche per la lezione.
- Questione prezzi: compro libri in digitale da più di un anno, e posso dire che il guadagno sul prezzo del cartaceo è minimo. Sul libro cartaceo fanno sconti, sul digitale no. Di un libro, in particolare di un testo scolastico, si fa pagare il valore simbolico, le conoscenze contenute nelle pagine e il tempo spese per passare quelle conoscenze da una testa a un foglio. L'insieme di fogli che lo compongono costituiscono una parte irrisoria del prezzo. E anche il guadagno sui testi ci fosse, l'iPad parte dai 700 euro e i tablet Android decenti dai 250... comunque soldi non facili da ammortizzare. E con due figli significa due tablet, e significa libri che non possono essere ceduti da uno all'altro a causa di DRM, limitazioni delle applicazioni eccetera. Con il tablet si dice subito addio al mercato del libro usato, questo è chiaro.
- Gli zaini pesanti li abbiamo portati tutti, su
- La scomodità di prendere appunti sul tablet è enorme. Intanto perché non si ha la libertà di un bel foglio gigante in un cui scrivere come e cosa si vuole. E poi voglio vedere a fare un simbolo di sommatoria, un disegno, a mettere il testo in apice e pedice, equazioni e tutto il resto. Una goduria.
Io lo vedo solo come un altro tentativo per affossare ancora di più l'istruzione, questa volta però la gente lo accetta e anzi lo chiama a gran voce.