Sembra che, in questi ultimi giorni, molte attenzioni siano state rivolte al "caso U2", e gli sviluppi risultano tanto interessanti quanto preoccupanti.
TechCrunch ha sollevato nuove controversie, e ora risulta al centro di una pioggia di visite e commenti (un ottimo modo per farsi pubblicità).
A quanto pare il sito ha ricevuto una soffiata e, secondo quanto emerso, pare che Last.fm abbia stretto un accordo con RIAA (Recording Industry Association of America), inviandole alcuni dati relativi alla propria utenza. In particolare, sostiene la fonte, Last.fm avrebbe trasmesso dati raccolti tramite scrobbling: come noto, infatti, il sito offre un client per desktop, che spulcia nella libreria digitale i titoli della musica presente, consigliandone altri che potrebbero essere attinenti a quelli analizzati. In questo modo, però, risulta possibile raccogliere tutti i dati relativi ai brani presenti sul PC. RIAA starebbe setacciando le liste fornite per tentare di pizzicare i furbi che, tramite BitTorrent, sono riusciti a scaricare l'album della rock band irlandese prima della sua uscita in commercio.
La questione si sta trascinando ormai da tempo, lasciando spazio a dubbi, agitazioni e critiche. Nonostante Last.fm, nella propria informativa sulla privacy, specifichi la possibilità che i dati possano essere letti da terzi, uno dei fondatori ha commentato negando la validità di quanto riportato da TechCrunch.
Per ora non possiamo valutare la veridicità dell'articolo ma, come specificato al termine dello stesso, tutto può essere ridotto a semplici voci di corridoio. Ci chiediamo se l'onda continuerà a crescere o, come spesso succede, tutto si concluderà in una bolla di sapone.
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