Alla Radboud Universiteit Nijmegen stanno sperimentando il futuro dell'archiviazione dati: in questi giorni circola la notizia di un nuovo sistema di scrittura e lettura delle informazioni in formato binario sui piatti del disco fisso, che impiega un laser al posto della tradizionale testina a induzione magnetica. Considerando che la suddetta tecnologia, nonostante tutte le novità che in questi ultimi anni hanno inaspettatamente rianimato il settore, è rimasta - nei suoi meccanismi base - sostanzialmente invariata dall'invenzione del disco magnetico fino ad oggi, l'annuncio dei ricercatori europei spalanca davanti all'intero mondo dell'informatica un panorama del tutto nuovo.
È infatti vero come, grazie al perpendicular recording, si siano raggiunte dimensioni considerate abnormi solo alcuni anni fa, e che la crescente presenza sul mercato di dischi allo stato solido (SSD) e dischi ibridi chip-piatto faccia guadagnare non poco dal punto di vista della velocità di lettura delle informazioni (rif. Corre veloce il settore degli hard disk).
Ma è altrettanto pacifico che oggi la stragrande maggioranza del lavoro sui dischi montati nei PC, sugli iPod, nei dispositivi portatili preposti a qualsivoglia utilizzo lo fa ancora la cara, vecchia testina a tecnologia magnetica, caratterizzando nei fatti l'hard disk come ultimo reale collo di bottiglia dell'architettura x86, di recente evolutasi in maniera sostanziale - basti ricordare l'introduzione del bus PCI Express, il controller Serial ATA e le sempre più veloci memorie RAM DDR2-3.
La speranza di un nuovo balzo evolutivo degli HD arriva dunque dalla bella e civile Olanda: gli scienziati hanno trovato il modo di usare un raggio laser per colpire e scaldare una piccola porzione di un disco fisso appositamente progettato, riuscendo, grazie alla particolare composizione della lega alla base dei piatti (formata dagli elementi gadolinio, ferro e cobalto), a memorizzare le informazioni digitali dopo i tentativi falliti delle ricerche precedenti.
La porzione scaldata cambia infatti polarità magnetica, e istruendo elettronicamente il laser in modo da cambiare la polarità a seconda che debba registrare 0 o 1 si ottiene un sistema di immagazzinamento dei dati perfettamente funzionante. Il vantaggio principale del nuovo approccio risiede nella rapidità di registrazione: i ricercatori sono stati in grado di scrivere un bit ogni 40 femtosecondi, il che equivale a dire 100 volte più velocemente della tradizionale testina magnetica.
Purtroppo la ricerca può dirsi tutto fuorché conclusa: è pur vero che la nuova tecnologia permetterebbe di fabbricare dischi fissi dalle velocità di lettura e scrittura finora soltanto sognate, ma c'è lo svantaggio che, allo stato attuale, la pulsazione del laser scalda e quindi polarizza un porzione di disco eccessivamente estesa, pari a 5 micron. Decisamente troppo, considerando che l'attuale spazio necessario al lavoro di scrittura della testina magnetica si misura nell'ordine dei nanometri, 3 ordini esponenziali di grandezza inferiori ai suddetti micron.
Gli scienziati non si danno ad ogni modo per vinti, è sono alacremente al lavoro per portare l'impronta elettromagnetica lasciata dal laser nell'ordine dei 10 nanometri: qualora ci riuscissero per gli hard disk al laser si potrebbero aprire le porte della produzione industriale, trasformando radicalmente, al contrario di quanto fanno e faranno mai le pur importanti evoluzioni del perpendicolar recording e degli SSD, il vero hardware realmente indispensabile perché l'utente informatico trasformi un ammasso di circuiti inanimati in qualcosa di personale e unico.
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